domenica 30 gennaio 2011

Mi manca...

Come tutti gli appassionati del settore, credo di avere assaggiato una notevole quantità di vini, da quando ho iniziato a fare parte di questa schiera di......eletti. Ovviamente ho i miei gusti, le mie preferenze, le mie tipologie. Mi sono creato un piccolo archivio gustativo-mentale ed oramai mi discosto difficilmente da quello e dalla strada tracciata e consolidata. Sono, a torto o a ragione, un conservatore per cui difficilmente mi apro a novità dell'ultima ora anche perché ritengo che il mondo del vino sia regolato e governato da determinate regole. Il terroir, i vitigni, la vinificazione e gli affinamenti sono in pratica quelli e quelli restano, pur con il passare delle mode e dei tempi. L'uso massiccio del legno piccolo ha infine contribuito ad un livellamento del vino, livellamento che ha forse danneggiato il prodotto di qualità ed ha favorito chi stava nel medio, snaturando in parte
concetti evolutivi e tecniche enologiche vecchi di secoli.
Per quanto mi riguarda, come dicevo, mi sono costruito il mio personale piccolo "harem" del vino ed ormai mi muovo in quello, senza grandi sortite che - riconosco - a volte sarebbero doverose e salutari.
Mi piacerebbe però, a proposito di sortite, lanciarmi verso un vino particolare che inseguo.  inutilmente, da qualche anno: il Vin de Constance, un vino da dessert  dell'emisfero australe, forse il migliore ed il più raro. Nasce nella seconda metà del '600 in Sud Africa, nella zona di Città del Capo, prodotto dalla tenuta Klein Constantia che ha i propri vigneti proprio nella zona pianeggiante sotto la Table Mountain. I cloni sono quelli del moscato, presente un po' dappertutto nelle sue svariate declinazioni, del muscat de Frontignan, proveniente dal sud-ovest della Francia. Ebbe, nel Settecento e nell'Ottocento, grande fortuna in Europa, limitatamente ovviamente a quei pochi che se lo  potevano permettere, e per motivi economici, e per zone e Paesi di influenza culturale e di collegamenti che poteva avere l'Olanda del tempo.
Come il Porto ed il Madeira, veniva bevuto solo a certe tavole. Anche se è ormai appurato che Napoleone sia morto di un cancro allo stomaco, alcune leggende vorrebbero che il veleno che lo portò alla morte fosse stato diluito in un bicchiere di Vin de Constance.
Alla fine dell'Ottocento, la fortuna e la vita di questo vino vengono annientati dalla fillossera. Per circa un secolo del vino non c'è più traccia, sino a quando -  verso la fine del Novecento -  l'azienda viene acquistata da Duggie Jooste che la fa letteralmente rinascere a nuova vita e, nei circa 70 ettari vitati, viene reimpiantato anche il moscato. Con un lavoro meticoloso e paziente si fa il possibile per ricreare le condizioni ottimali che hanno poi permesso al Vin de Constance di essere nuovamente presente, seppure limitatamente a certi mercati e con quantità irrisorie, rispetto alle richieste.
Risulterebbe avere colore giallo oro, dolcezza equilibrata dall'acidità, con la menta ed il limone che testimoniano del clima
marittimo e temperato della zona di produzione. Particolare da non sottovalutare risulta il non essere necessariamente e sempre botritizzato, discostandosi in questo radicalmente dai Sauternes. Quattro anni di barrique concorrono a completare il quadro e ad alimentare la mia curiosità.
Pare sia commercializzato prevalentemente negli Stati Uniti e nell'Europa del Nord. Non è certamente un caso che la sola degustazione verticale di questo vino in Italia si sia tenuta all'Azienda Querciabella di Greve in Chianti, presenti Tachis e Veronelli !  Certo, non sono più i tempi in cui, alla metà dell'Ottocento, ai tavoli del mitico ristorante parigino del Palais- Royal, i "Trois Frères Provencaux" si poteva ordinare una mezza bottiglia di Vin de Constance a 12 franchi, ma chissà che non mi riesca prima o poi di "agguantarne " una bottiglia e chiudere forse il cerchio, soddisfacendo una delle mie ultime curiosità enologiche.

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