domenica 30 gennaio 2011

Bere una buona bottiglia di vino...

Bere una buona bottiglia di vino. Non vorrei apparire presuntuoso, ma l'operazione che noi tutti compiamo quando affidiamo ai nostri sensi l'analisi  e la valutazione di quel meraviglioso prodotto dell'uva che è il vino,  quando lo facciamo-dicevo-siamo arrivati all'ultima tappa di un lungo percorso propedeutico. In altre parole, ho sempre pensato che la fase della degustazione debba necessariamente essere preceduta da un lungo e meditato percorso di studio e di ricerca, in relazione al prodotto finale.
Veronelli, un grande, diceva che il vino si beve PRIMA con gli occhi. A mio parere aveva pienamente ragione ed io aggiungerei che sono molte altre le componenti che aiutano a bere BENE un vino. Ovviamente non si può prescindere dal produttore, su cui si dovrebbero acquisire quante più informazioni possibili; non tralascerei sicuramente l'etichetta del vino
stesso, la capsula, la bottiglia utilizzata e-non sicuramente ultimo elemento-il nome del vino.
Queste mie sgangherate teorie nascono anche, in parte, dall'avere letto tanto ed in maniera abbastanza approfondita, sul mondo che circonda ed avvolge il vino, un mondo che va saputo interpretare e che volutamente spesso nasconde elementi essenziali alla conoscenza.
Veronelli è stato il primo, insieme a Mario Soldati, ad occuparsi in maniera sistematica, dell'enogastronomia italiana e non, sin dagli ormai lontani anni 50. Viveva, Veronelli, in quello scrigno architettonico che è Bergamo Alta; era circondato dalla bellezza alla sua massima espressione, aveva una profonda cultura umanistica unita ad una sana ironia e ad un gusto della vita che gli permettevano di affrontare con delicatezza e leggerezza quanto si era proposto di fare. E lo faceva bene: le sue non erano semplici ed aride recensioni enologiche, ma piuttosto considerazioni filosofiche, sociologiche ed antropologiche nelle quali il prodotto vino sembrava avere un'importanza del tutto secondaria.
Non amo quindi i vari Parker o Wine Spectator che, con tipico approccio "yankee" si limitano a classificare i vini inserendoli
e restringendoli in fredde graduatorie e classifiche, secondo punteggi del tutto opinabili. Il primo ha scritto, tra l'altro, monumentali tomi sui vini del Bordolese, ma non trovo in queste descrizioni quello che vorrei, oltre ovviamente una precisa e rigorosa descrizione analitica del vino. Il secondo terrorizza il mondo internazionale con le graduatorie, soprattutto quelle di fine anno, con i top ten e, finalmente, con il miglior vino del mondo. Come si può  assegnare un "titolo" del genere, prescindendo da tutta una serie di considerazioni, valutazioni e conoscenze dirette di un numero davvero grande di elementi? Mah.
Venendo ora ai produttori, agli uomini, al loro cuore, al loro sentire ed al loro interfacciarsi con quanto li circonda quotidianamente, penso all'architetto Salvatore Geraci e me lo immagino camminare tra le vigne di nerello mascalese in una tiepida mattina primaverile, sulle colline sovrastanti Messina e lo Stretto, in completo di lino bianco e panama. Si deve a lui, in gran parte, la rinascita di un vino ormai quasi dimentiacato. Il Faro Palari, a mio parere il meno siciliano dei vini di quella stupenda terra; penso che in comparazioni mascherate nulla avrebbe a che invidiare ad un bordolese. Come si può capire questo vino davvero superbo, prescindendo da quanto sopra e da tanto altro?
Il mitico Trebbiano di Edoardo Valentini e ora del figlio. Un vitigno da sempre ritenuto di "appoggio" osmotico ad altri vitigni, con Valentini padre è diventato un monumento, una colonna portante dell'enologia nazionale. Ma Valentini era un vero "contadino" del vino, un uomo che non ha mai ceduto a facili compromessi, duro ed inflessibilmente sano come la sua terra d'Abruzzo.
E che dire di Gravner? Già dal suo modo di vestire, di camminare, di muoversi, si comprende perché produca-lui solo-quei vini veramente unici. Dopo varie sperimentazioni, alcune delle quali discutibili, ha stupito ed emozionato con le sue anfore, con i suoi invecchiamenti eccezionalmente lunghi sui bianchi. Ovviamente non lo conosco, ma penso a come possa avere reagito, nel corso degli anni, a talune critiche davvero pesanti mosse ai suoi vini. I suoi vini sono asciutti, decisi, essenziali. Lui è deciso, secco, asciutto ed essenziale.

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