martedì 12 aprile 2011

Colombia, mia figlia, la mia vita...

Aveva ragione mio padre. Come spesso gli accadeva aveva ragione mio padre. Aveva ragione quando mi ripeteva spesso che la realtà della vita quotidiana è superiore alla fantasia di qualsiasi romanzo.
Chi mai avrebbe infatti potuto prevedere, nel mio caso personale ovviamente, che avrei potuto e dovuto legarmi indissolubilmente ad una realtà umana, sociale e geografica come la Colombia, tanto assurdamente lontana da me e dal mio vissuto? Per la maggior parte degli europei medi, la Colombia è sì collocabile all'interno dell'America- Latina, ma in maniera vaga ed approssimata, tanto dal poterla forse confondere con alcuni degli stati con essa confinanti.  La leghiamo orgogliosamente a Colombo, pensiamo agli spagnoli, al trattato di Tordesillas che divideva le zone di influenza futura tra loro ed i portoghesi, pensiamo ai Conquistadores ed a quanto hanno fatto di male (molto) e di bene (assai poco). Pensiamo infine alla droga, al cartello di Medellin!
I luoghi comuni sono purtroppo i più difficili da gestire correttamente. Non siamo forse noi italiani, per gli altri, un popolo di pizzaioli, di mandolinari e di mafiosi?
Da un paio d'anni a questa parte la Colombia è prepotentemente entrata nei meandri della mia vita, condizionandola in parte, sia positivamente che negativamente. Mia figlia ha pensato bene di trasferirsi là, creando inevitabilmente un forte polo di attrazione umano ed affettivo nei miei confronti.
Per non apparire ipocrita e per sgombrare subito il campo da facili malintesi, devo dire che, al di là di quelle che sono le mie valutazioni personali sulla sua scelta di vita, l'impatto con la nazione Colombia è stato negativo.
Ho "odiato"  ferocemente la Colombia perché mi ha portato via una figlia, perché me l'ha portata tanto lontano ed anche - forse - perché si ha sempre più paura di ciò che non si conosce e di ciò che è tanto diverso da noi.
Devo anche confessare, in vena di outing, che ho approcciato la Colombia con l'atteggiamento del coloniale che giudica quanto gli sta intorno con una certa aria di sufficienza e di superiorità. Probabilmente, in parte, per "vendicarmi" del furto di una figlia. E non mi si venga a dire, per cortesia, che i figli non sono "roba" nostra, che l'importante è che stiano bene loro, al di là delle scelte e dei luoghi, che noi dobbiamo accettare....soffrire!
Tutte belle parole che non trovano riscontro facilmente nell'animo umano.
Come diceva il Poeta: "intender no lo può..........."
Comunque.
Certo è che il mio primo arrivo all'aeroporto di Bogotà, Eldorado, non mi ha aiutato molto a disfarmi di questa non nobile zavorra. Al di là dello stato di provvisorietà di tutta la struttura, in fase di un rinnovamento epocale quanto tardo a venire, la prima cosa che si nota è la forte presenza di militari e di addetti vari che ti
condizionano nei movimenti e soprattutto nei pensieri, presenti e futuri. Cercando di spiegarmi meglio, dirò che si percepisce subito quella triste aria di militarizzazione tipica di tanta letteratura e filmografia sud-americana e - purtroppo- di tanta realtà vissuta sulla pelle degli uomini. Chi verifica i passaporti lo fa con un'aria stanca e molto sufficiente, forse dimenticando e non tenendo in debito conto che il portatore del passaporto è o potrà essere un futuro contribuente per il miglioramento delle condizioni della sua Patria. Come nelle nazioni islamiche vige un concetto teocratico della Stato, così in Sud-America molto, per non dire tutto, si regge sul potere forte dell'esercito e della polizia, sebbene moderato e mitigato da una forma di democrazia che vorrebbe copiare quella occidentale, con risultati non sempre pari alle intenzioni. Pare ci sia un asservimento ottuso dell'intelligenza personale e collettiva ad un disegno maggiore, ad un forte bisogno di ordine e di pace tanto a lungo desiderati e sperati, asservimento che disorienta l'europeo o comunque chi ha da tempo raggiunto queste condizioni sociali. Non cozza forse contro la logica " subire " una perquisizione personale abbastanza accurata, tra l'altro, all'arrivo di un volo dall'Europa ed in uscita da un aeroporto?
Mah!
La Colombia è però una nazione "socialmente e strutturalmente" giovane e....direi naive. Tra le iniziative che non troverebbero più spazio nella vecchia e stanca Italia ce n'è una a mio parere furba ed intelligente. Al ritiro dei bagagli in aeroporto, una graziosa fanciulla controlla e verifica che il tagliando attaccato alla nostra valigia corrisponda alla ricevuta attaccata al nostro biglietto onde evitare spiacevoli "contrattempi".
Stessa manovra, anche se con motivazioni in parte diverse, vale per i taxi, croce e delizia di quanti arrivano in un Paese sconosciuto e fra i primi biglietti da visita, spesso non gradevolissimi. Si viene militarmente incolonnati ed indirizzati ad un chiosco che, a fronte della presentazione della nostra meta, ci rilascia uno scontrino attestante l'importo già pagato e la nostra destinazione onde evitare contrattazioni sul prezzo, malintesi e sforzi linguistici con l'autista.

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